Utsubora – Recensione e spiegazione del manga di Nakamura

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Attraverso quest'opera, Nakamura, col suo tratto limpido e leggero, riesce a trattare le più svariate tematiche connesse e sconnesse tra loro, come lo scambio di identità, il doppio, l’invidia, il plagio e l'eros.

Nakamura Asumiko, mangaka nota perlopiù per i suoi celebri Boy’s Love, riesce pienamente ad uscire dal suo genere di preferenza, adattandosi al thriller e al giallo proprio attraverso Utsubora, opera in due volumi edita dalla Coconino Press.

Foto di @anerddiary su Instagram

La trama

La storia parte in maniera diretta mostrandoci una bellissima ed affascinante ragazza, Fujino Aki, che si getta giù da un grattacielo. Lo scontro con il suolo è talmente distruttivo che questa muore sul colpo. A causa di ciò, il volto ne rimane completamente sfigurato. Ed ecco che diventa difficile per gli agenti Kaiba e Mochizuki, preposti al caso, quello che è il riconoscimento della vittima. I due, infatti, sono costretti a rintracciare gli unici due numeri presenti all’interno del cellulare della ragazza: quello di Mizorogi Shun, noto scrittore giapponese, e quello della presunta sorella Miki Sakura.

Per una combinazione di eventi, i due si troveranno faccia a faccia poco dopo l’accaduto e sarà proprio questo incontro ad innestare l’intreccio che caratterizza l’opera di Utsubora. La narrazione, da qui in poi, procede in maniera spedita e confusa, spostandosi velocemente tra flashback improvvisi e riflessioni personali.

Aspetto interessante della narrazione è anche la capacità dell’autrice di farci conoscere altri personaggi che verrebbe da definire “secondari”. Personaggi che però hanno dei ruoli centralissimi negli avvenimenti, che riescono a dar vita ad un vortice di colpe mai ammesse. Tra questi ritroviamo la dolce Koyomi e l’editor Tsuji.

La capacità di disvelamento lenta e concisa preposta dall’autrice le permette di trattare le più svariate tematiche connesse e sconnesse tra loro come lo scambio d’identità, il plagio, il piacere o, ancora, il tema del doppio. Il tutto procede con un ritmo narrativo in cui si avvalora la psicologia dietro le azioni delle persone chiamate in causa e in cui viene ad essere analizzato il retroscena delle vite di queste.

Nakamura Asumiko. Quando il talento si amplifica.

Per chi non lo sapesse, Nakamura Asumiko è una mangaka specializzata in opere Boy’s love, yaoi e seinen, molto apprezzata dal pubblico maturo proprio per il suo stile elegante e per la complessità delle trame perfettamente costruite e strutturate.

La sua dinamicità nel disegno delle figure longilinee si ritrova anche in Utsubora, il cui dispiegamento viene proprio avvalorato dallo stile artistico così differente. Inoltre, sono presenti non poche scene esplicite perfettamente coerenti però con l’atmosfera delle vicende.

L’autrice, come si può evincere, con Utsubora, riesce ad uscire dal suo genere di preferenza, fino a creare qualcosa di nuovo. Una trama, una narrazione incentrata sul mistero, su un suicidio che nasconde ben altro dietro di sé. Utsubora non è un’opera semplice da leggere e da comprendere. Nonostante ciò, una volta conclusa, non si può non rimanerne estasiati.

Spiegazione dell’opera (con spoiler)

Per chi di voi avesse letto l’opera e avesse bisogno di schiarirsi le idee, allora vi consiglio di continuare nella lettura dell’articolo. Per chi, invece, non avesse ancora avuto l’opportunità di farlo, allora vi consiglio di saltare alle conclusioni, al fine di godervi il più possibile la lettura di questa.

Ora, spostiamoci alla spiegazione delle vicende. Per ricapitolare, i personaggi principali sono tre: Mizorogi Shun, lo scrittore; Fujino Aki, la ragazza suicidatasi; Miki Sakura, la sorella gemella di Aki; e Akiyama Fujiko, una studentessa scomparsa da qualche mese.

Ma Fujino Aki esiste davvero?

Partiamo dal primo quesito ed andiamo dritti al punto. Fujino Aki non esiste né è mai esistita. La ragazza che si è suicidata lanciandosi dal palazzo è in realtà Akiyama Fujiko, studentessa innamorata delle opere del famigerato Mizorogi Shun. Nel primo volume è proprio Kaiba, uno dei due agenti preposti al caso, che inizia a sospettare della giovane:

“Al momento abbiamo soltanto il cadavere di una persona con la testa spappolata. E non siamo in grado di stabilire chi sia. È tutto molto strano. Non c’è un solo indizio che possa confermarne l’identità. La persona che è morta è davvero “Fujino Aki”? “Fujino Aki” è mai realmente esistita? In caso contrario, chi è “Miki Sakura” che afferma di essere la sua gemella? Chi diavolo è quella ragazza?”

Il rapporto tra Miki Sakura e Akiyama Fujiko

Di tutte le vicende narrate circa il rapporto tra le due donne, solo una è vera: queste si sono incontrate per la prima volta proprio in una biblioteca. Tuttavia, inizialmente, queste non erano sorella ma estranee. Akiyama Fujiko, la studentessa, e Miki Sakura. Come si è già detto, Akiyama Fujiko era perdutamente innamorata e a tratti ossessionata dallo scrittore. Tuttavia, nonostante ciò, non riusciva mai a trovare il coraggio di mostrarsi a lui. Sarà proprio Miki Sakura ad aiutarla. In realtà, Miki Sakura prima era un’altra persona. Dopo essersi sottoposta a un intervento di chirurgia facciale, assume l’aspetto che viene a noi mostrato. Successivamente, lei stessa accompagna in quella clinica anche Akiyama Fujiko e la fa sottoporre al suo stesso intervento. Cercando di scavare a fondo nella mente di Miki, sorge chiaramente quanto desiderasse possedere per sé una propria copia perfetta. Proprio in virtù di ciò, tra le due si instaura una relazione quasi morbosa in cui una può, tranquillamente e in qualsiasi momento, prendere il posto dell’altra.

Ad un certo punto della narrazione poi sentiamo Miki Sakura dire ad Akiyama: “Da questo momento in poi, tu sarai Fujino Aki”. Akiyama, però, nonostante fosse innamorata dello scrittore, riesce ad incontrarlo solo una volta, in una stanza buia in cui era impossibile scorgere i volti dei presenti. Nel corso della narrazione sarà lo stesso Mizorogi a ricordarsene. Tuttavia, è nell’ultimo capitolo che ne ha certezza, ossia quando dice a Sakura: “Tu non hai scritto Utsubora. Ho incontrato l’autrice di Utsubora soltanto una volta”. Ed è proprio a quell’incontro al buio che si riferisce.

L’ultimo tassello: il suicidio

Prima di lanciarsi nel vuoto, Akiyama/Fujino fa una telefonata alla sua amica Sakura. In questa telefonata allude ad un pacco e ad un appartamento. Chiaramente, non è difficile intuire come tra gli oggetti da questa lasciati ci siano i capitoli dell’opera plagiata da Mizorogi. Gli stessi dei quali Sakura si servirà per manipolare a suo piacimento Mizorogi. Tuttavia, sorge spontaneo il dubbio. Perchè Akiyama/Fujino si è suicidata? In breve, perché era giunta alla consapevolezza che Mizorogi non l’avrebbe mai amata. Mai quanto le sue opere. Mai quanto un libro che solo uno scrittore può amare.

“Amavo Mizorogi. Amavo le sue opere. Volevo diventare come lui. Volevo essere amata da lui. Però lui non amava nessuno. Gli scrittori amano soltanto le proprie opere. Per questo, sono sicura che lo farà. Mizorogi scriverà di me”.

Attraverso la morte, Akiyama ambiva a diventare un’opera di Mizorogi e tutto solo per farsi amare da questi. Il romanzo Utsubora si trasforma così ne “la storia di una donna che si innamora di un uomo e pur di ottenere il suo amore è disposta a tutto, anche a subire una trasformazione”.

L’obiettivo di Sakura, dunque, è sempre stato quello di esaudire il desiderio della sua amica, forse per qualche recondito senso di colpa nei suoi confronti. Da qui si comprende anche il perchè della sua insistenza nei confronti dello scrittore per fargli finire il romanzo.

Mizorogi conclude, quindi, Utsubora. Pubblicando la sua opera, finirà per amarla come propria creazione, come solo uno scrittore può amare le proprie opere. Così però non amerà solo Utsubora, ma anche Akiyama, fonte sostentativa del suo libro nonché protagonista indiscussa.

Conclusioni

In conclusione, mi sento di consigliarvi quest’opera per diverse ordini di ragioni. Innanzitutto, come sopraenunciato, si tratta di un’opera complessa senza ombra di dubbio che, dunque, riesce a far riflettere. Ciò chiaramente è un aspetto importante della lettura che non tutte le opere riescono a dare.

Inoltre, aggiungerei, si tratta di una lettura che lascia qualcosa. Che sia una riflessione, un pensiero o un’idea, qualsiasi lettura che riesca a fare ciò andrebbe custodita con amore. Vi consiglio, quindi, non solo Utsubora in sé ma la profondità che Nakamura Asumiko è riuscita a trasmettere attraverso questa.

Vi ringrazio per aver letto fin qui. Ci vediamo alla prossima recensione!

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